( 19 Aprile 2022 )Le grotte e gli ecosistemi carsici sono ambienti bui, a volte angusti, quasi sempre nascosti. Partendo da questa indiscutibile realtà, molti immaginano, che si tratti quindi di luoghi con poca vita e soprattutto quasi privi di colori. Nulla di più falso. Se è vero che spesso parliamo di ambienti oligotrofici, ovvero con una ridotta quantità di sostanze nutrienti, l'inesauribile fantasia della vita, ha permesso l'instaurarsi di ecosistemi tanto ricchi quanto particolari. Quando pensiamo alla vita sotterranea, pensiamo subito ai chirotteri, mammiferi eccezionali ed importantissimi, ma in realtà la base degli ecosistemi ipogei è da ricercare in organismi ben più piccoli: i microbi, ovvero il vastissimo insieme di organismi procarioti, composti da batteri e archaea e dalla loro infinita capacità di creare colonie simbiotiche. In questa prospettiva, la Terra è realmente il pianeta dei batteri, capaci di colonizzare qualsiasi ambiente, fino a creare una deep biosphere che si estende ad una profondità di oltre cinque chilometri. Con una tale capacità adattativa, questi organismi, non potevano non colonizzare le grotte. Ovviamente non parliamo di batteri patogeni, frutto di inquinamento o contaminazioni, bensì delle sterminate tipologie di batteri ambientali, a noi in buona parte ancora quasi totalmente ignoti, che creano il microbioma specifico di ogni singolo luogo. Batteri buoni! Avendo quasi 4 miliardi anni di vita evolutiva, i batteri non si sono limitati ad abitare i luoghi, bensì hanno contribuito alla loro creazione in senso geo-biologico. In questo senso negli ultimi anni si sta affermando potentemente la geomicrobiologia come studio dei rapporti tra cicli geologici, mineralogici e componenti organiche. E' ormai assodato che nelle grotte i batteri giochini ruoli determinanti nella creazione di molti tipi di concrezioni e mineralizzazioni, nonché in alcuni casi nella creazione stessa di forme e morfologie. Per quanto singolarmente piccoli, le colonie batteriche in grotta, se osservate con la giusta attenzione, sono ben visibili praticamente ovunque. Sedimenti, roccia, corpi d'acqua, concrezioni, ne appaiono all'occhio attento, praticamente ricoperti. Veri e propri tappeti microbici, colonie simbiotiche composte da molteplici specie, che appaino spesso come piccole chiazze di colore. Dai toni del giallo all'arancio, dall'azzurro, fino al rosa o al turchese, una intera tavolozza di colori caratterizza molte parti dell'ambiente ipogeo. Le grotte sono luoghi naturalmente caratterizzati dall'assenza di luce, quindi nel caso del mondo microbico, quelli che noi chiamiamo colori non servono per essere visti. I cromofori, che conferiscono questo effetto, sono infatti, molecole, metaboliti secondari, prodotti dalla colonia per una infinità di diverse funzioni metaboliche: molecole che se sottoposte a determinate lunghezze d'onda elettromagnetiche conferiscono alle stesse, quello che noi chiamiamo colore. In tutta questa incredibile ricchezza di vita, un ruolo importantissimo lo giocano i batteri capaci di fungere da produttori primari, ovvero di porsi alla base della catena alimentare. In ambienti ipogei caratterizzati da acque sulfuree, alcune classi di batteri autotrofi, sono capaci infatti di ottenere energia e sintetizzare composti organici partendo unicamente dalle reazioni chimiche di composti inorganici, creando a volte anche particolarissime strutture e biofilm. E' questo per esempio il caso delle colonie batteriche che creano le snottiti, sorta di piccole stalattiti organiche, vive, composte esclusivamente da batteri capaci di sfruttare l'acido solfidrico per ottenere l'energia e i composti necessari al proprio metabolismo, Queste piccole strutture viventi si trovano appese alla roccia o ai cristalli ed in particolari condizioni accelerano la produzione di acido solforico, che va creare acidissime gocce poste sulla loro estremità. Le snottiti, scoperte e documentate negli ultimi mesi anche in numerose grotte nei gessi della Romagna, sono parte di ecosistemi rari ed estremamente peculiari. Mondi quasi alieni, composti anche da organismi estremofili, capaci cioè di vivere in condizioni apparentemente estreme, che rimandano per alcuni aspetti alle origini della vita sulla terra, ma anche a come ci aspettiamo che la stessa vita, possa presentarsi su altri pianeti.
Foto e testi di:
Andrea Benassi PhD
Gruppo Speleologico Sacile, Acheloos Geo Exploring, Società Speleologica Saknussem