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Parco Regionale della
Vena del Gesso Romagnola
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I giorni, anzi i mesi, delle orchidee

Un tripudio di fioriture molto particolari

( 22 Aprile 2024 )

Aprile e maggio sono i mesi per eccellenza delle orchidee selvatiche, presenti, eccome, anche nel Parco Regionale Vena del Gesso Romagnola. Anzi, proprio grazie alla morfologia articolata e alla diversità di ambienti presenti, la Vena possiede un numero di specie superiore alla media

In proposito prendiamo, ancora una volta, il Carnè - inteso come unità ambientale anche se non più recintato e quindi con confini indefiniti - che costituisce una concentrazione straordinaria di orchidee: nel censimento di qualche anno fa (cui è dedicato un tabellone presso la scala d’accesso al piccolo museo-aula didattica) risultarono presenti ben 25 specie diverse e a quelle ne vanno aggiunte come minimo altre 3 successivamente rinvenute. Per confronto si tenga presente che l’intera Romagna, dalla costa fino ai 1650 metri del crinale più alto, ne annovera una cinquantina e l’intera Italia circa 190.

Una tale ricchezza di biodiversità si spiega appunto con la complessa morfologia del Carnè dove profonde doline con microclima fresco-umido convivono con rocce assolate e tendenzialmente aride per cui troviamo specie di bosco, ma anche di ambienti aperti mediterranei.

Ci sono specie relativamente comuni, come le Orchis morio e purpurea, abbondanti nei prati, accanto alle meno frequenti (e solo in sottobosco) Ophryis insectifera e Neottia nidus-avis; quest’ultima non ha clorofilla – è infatti di un curioso color bruno, senza parti verdi - per cui si nutre grazie alla simbiosi con un fungo sotterraneo, che ovviamente non vediamo. È praticamente senza clorofilla anche Limodorum abortivum, dal curioso fiore color violaceo - come lo stelo, del resto - e che presenta una popolazione abbastanza ricca nell’angolo di bosco ad ovest del Rifugio (scendendo da quest’ultimo verso la grande quercia in direzione Riolo Terme, si gira a destra e si cerca presso la casetta in legno installata lo scorso anno per osservazioni faunistiche).

Per le Ophris, tutte accomunate dalla somiglianza del petalo inferiore (labello) all’addome di un insetto, c’è da dire che hanno evoluto una strategia riproduttiva basata su un inganno sessuale: attirano i maschi che si posano su esse tentando un improbabile accoppiamento ma attuando comunque la trasmissione del polline da un fiore all’altro; l’inganno non si basa solo sulla somiglianza “visiva” ma è perfezionato dalla produzione di feromoni identici a quelli delle femmine disponibili.

Fra qualche settimana, a seconda delle temperature, fiorirà il vistoso barbone adriatico (Himantoglossum hircinum adriaticum), inconfondibile per la statura (fino ad un metro!) e per il lunghissimo e biforcuto labello. 

Cercare e trovare orchidee è una gioia per gli occhi e per il cuore: basti dire che anche alcune città stanno attuando misure di salvaguardia pratica, ad esempio posticipando lo sfalcio dell’erba nei parchi (ma anche in singole aiuole, fino a quelle spartitraffico) o segnalando i vari esemplari con appositi cartellini per preservarle anche dal banale calpestìo. A Faenza quest’ultimo compito è svolto dalle Guardie Ecologiche Volontarie in accordo con il Servizio Comunale Giardini.

Non sarà inutile, infine, ricordare che su tutto il territorio regionale le orchidee sono protette, per legge, fin dal 1977, comuni o rare che siano. Nel Parco della Vena del Gesso ovviamente c’è una sorta di tutela in più perché il visitatore non può raccogliere alcun vegetale.

Sandro Bassi      

Himantoglossum hircinum adriaticum - Ph. Ivano Fabbri
Himantoglossum hircinum adriaticum - Ph. Ivano Fabbri
 
Limodorum abortivum - Foto CC BY-SA 4.0
Limodorum abortivum - Foto CC BY-SA 4.0
 
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